Adaam Art Studio

Beppe MarchettiBeppe Marchetti, nato sotto il segno dell'Ariete a Milano, città in cui ho studiato, lavoro e tuttora vivo. Dopo un percorso di studi tecnici e un lavoro appagante, ho incontrato la disabilità a seguito di un incidente sportivo; dunque, la vita è cambiata, senza ma e senza se. E se poi consideriamo che sono nato sotto un segno zodiacale che non si può tenere fermo...

La mia nuova esistenza, versione 2.0, mi ha obbligato a un'incessante introspezione per adattarmi, rivelandomi prospettive inaspettate. Così, ho rivisto e liberato le mie predisposizioni: dal riprendere lo studio della filosofia, alla sperimentazione nella pittura e la lavorazione dell’argilla con l’antica tecnica Raku 楽焼, per poi dedicarmi all'arte del Kintsugi 金継ぎ, con quest'ultima fino a farne una regola per comprendere la mia esistenza v. 2.0; non ultimo, il cercare un profondo relax suonando il didgeridoo.

Il mio pensiero e modo di vivere si sono legati all'arte (anche grazie ad un ambiente familiare molto attivo nel settore dell'arte moderna), ma le mie opere non perseguono alcun fine pratico e neppure mi prefiggo il piacere della riuscita estetica del lavoro, e meno ancora mi pongo il problema della conoscenza tecnica in quanto tale per la ricerca della perfezione nella produzione; tranne se opero con il Kintsugi, conosciuta come l'arte di riparare i vasi con l'oro, dove qui la conoscenza tecnica è indispensabile in quanto legata alla filosofia stessa del procedere nell'arte Kintsugi, affinché il risultato di quest'arte vada ben oltre la mera tecnica e abilità manuale.

Sperimento continuamente, sia con la pittura sia con l'argilla nella sua tridimensionalità; cerco di superare la tecnica in modo che la comprensione dell'oggetto che sto creando sorga dal mio inconscio; così, la rappresentazione nei miei lavori è il divenire del mio semplice e primordiale modo di manifestare il mio sentire del momento, che unito al mio pensiero, diventa un'unica realtà..

Le parole sono talvolta limitanti, l'espressione artistica no. Infatti, continuo a ricercare modi per sorprendermi e stupirmi con ciò che realizzo, ma non pianifico in anticipo. Non voglio sembrare irriverente nei confronti di chi fa ricerca completa e innovazione nell'arte come messaggio di crescita, ma io non mi prefiggo di fare una ricerca sul tecnico; vivo ciò che creo senza alcun fine pratico, cerco la mia personale soddisfazione e un modo artistico di comunicare.

Se noi siamo il prodotto delle nostre esperienze, purtroppo più spesso per quelle negative, dove i colpi che la vita ci infligge diventano parte di noi e ci lasciano inevitabilmente cicatrici che modificano e conformano la nostra personalità o il nostro carattere, ecco che il nostro ricomporci ci rende sempre più unici e irripetibili. Questa è l'analogia con l'arte del Kintsugi, che ripara i vasi rotti e nel vaso ricomposto coesistono due vasi: quello originale, creato come tale, e quello ricomposto, dunque, due nuovi valori. Il Kintsugi con l'oro evidenzia le cicatrici del vaso, esaltando così la bellezza del vaso primordiale, ora trasformato in un nuovo vaso, una nuova realtà di vaso riparto.

 Il Kintsugi insegna questo: le tue cicatrici (che siano dell’animo o del fisico), saranno la tua bellezza.

Quando mi immergo nella creazione di un'opera, provo la sensazione di regredire per vivere il tempo, senza istruzioni all'uso. Ad oggi, ho maturato l'idea che non c'è nulla di complicato nella vita, perché alla fine sono solo scelte sempre alla nostra portata quelle che dobbiamo affrontare; diversamente, non sarebbero scelte e noi non potremmo farci nulla.

È anche vero che la vita sociale a questa latitudine del mondo ci impone spesso di nascondere i nostri segnali di saturazione, ma io cerco con caparbietà di scendere in campo ogni giorno silenziosamente con l’ostinazione delle mie idee, anche se talvolta sono motivo di barriere.
Ma quando sono solo con il mio tempo e nel mio spazio per dedicarmi alla mia arte e a ciò che al momento mi ispira; mi abbandono, navigo nella fantasia, lascio andare le mani senza pensare a ciò che avverrà durante il loro movimento e, quanto si svilupperà, sarà poi la mia vera soddisfazione..

Non cerco di andare oltre, non mi interessa... in cuor mio comprendo che "sono i cavalli chiusi in un recinto a scalpitare, quelli liberi non sentono l’esigenza di comprendere dove corrono".

La mia arte è realizzata per soddisfazione personale, come atto ricreativo senza alcun fine produttivo per la società e ancor meno per lo spettatore dei miei lavori; ma se poi i lavori suscitano qualche riscontro nell’osservatore, anche solo a livello percettivo, senza la necessità di una vera comprensione, significa che in qualche modo c’è l’innesco di una affinità elettiva tra due individui: il mio io e tu che guardi. Già il solo fatto che ci sei e cerchi di comprendere i miei lavori, ritengo che sei una persona a cui non servono i codici d'accesso per entrare nei pensieri; semplicemente ci si sente allineati spontaneamente, ed è così che si crea l’inevitabile risonanza tra esseri. Se poi non accade, va bene egualmente; non mi creo il rammarico per la circostanza, vuol dire che ci sono altre predisposizioni e, per incontrarci, potremmo avere bisogno di altre strade.

Quando lavoro sono sereno, sto amando il soggetto dei miei pensieri, l’appagamento dell’azione viene da sé, abbatto le barriere della pudicizia mentale senza perdere la regola della dignità personale. Ritengo che siano questi i dettagli che fanno la differenza. Ecco perché ritorno con l'analogia del Kintsugi, dove le fratture di un vaso sono evidenziate come nuovi dettagli e rendono il vaso ancor più importante e stupefacente. Si deve comprendere la peculiarità dall'imperfezione per ottenere l'unicità.

Guardo quello che creo istante per istante, protraggo l’attenzione su quelle piccolissime sfumature che a volte si notano di più, come le pause, le virgole tra parole che rivelano tanto se si è accorti, o come alcune dissonanze musicali che, se usate con attenzione, esaltano le melodie; è come quando, con il nostro sguardo silenzioso, realizziamo l'incontro degli occhi: si cercano, si scrutano, si comprende l'amore e le parole diventano superflue.
Questo mi accade specialmente nella notte silenziosa, quando l'anima mi ruba le mani e le usa come vuole sulla tela, nell’argilla, con la penna.
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Non cercate di capire i miei lavori ed evitate di chiedermi il mio fine o il loro significato, ma tentate di cogliere i miei intenti, di comprendere la dimensione in cui mi muovo ed esisto. 

Confusione? No! solo voglia di piacere sensoriale senza barriere mentali.
Sinonimo di sregolatezza? No! Voglia di autodeterminare il chi e il che mi piace, dunque sintonia con quel “giusto” da me ritenuto tale, se poi non lo è per gli altri, non importa, cerco la solitudine per ritrovare me stesso.
Sono sostenitore ed attento alla regola; “Non sempre fare il giusto è la cosa giusta”, per cui...

 

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