Come riparo con l'oro (Kintsugi 金継ぎ)

Ho sempre avuto una predisposizione per riparare oggetti. Da adolescente, smontavo tutto ciò che poteva essere scomposto, sia se riscontravo che fosse rotto, sia se c’era il sospetto di una piccola avaria, o anche solo la possibilità di un miglioramento. Mi ci dedicavo con passione; la mia prima motocicletta ne sa qualcosa...

Un giorno dovetti cercare un restauratore per un dipinto ad olio su tela, avendo fatto un acquisto che richiedeva un intervento consistente nel restauro. Anche se mi sono sempre dilettato nel restauro di oggetti più svariati, davanti a quel quadro mi dovetti fermare, poiché l'impegno era decisamente sopra le mie capacità, soprattutto per l'importanza dell'opera.

Così cercai un valido professionista del settore, finché non incontrai, tramite conoscenze di amici, un anziano restauratore: il signor Ottavio. Oltre ad accettare il mio incarico, si spinse fin da subito a descrivermi con minuzia le sue intenzioni e le procedure che avrebbe attuato nell'eseguire il restauro dell'opera. Ascoltando l'anziano restauratore, la mia curiosità sul suo lavoro divenne incalzante fin da subito; tanto che riuscii a farmi invitare nel suo laboratorio per altri incontri con la scusa di osservare il procedere del ripristino del quadro.

Entrai subito in sintonia con Ottavio, anche se percepii già dal primo incontro che non era abituato ad avere in laboratorio un giovane interessato a quel mondo che recupera l'arte (con l'arte del restauro). Così, da cliente mi tramutai in allievo, e con la scusa delle visite per saluti o per la richiesta di consigli, divenni di fatto un apprendista sul campo delle varie procedure di restauro: dalla doratura delle cornici, al rattoppare le tele dei quadri, fino al combattere i tarli del legno.

Applique in argilla e pasta di vetroCon l'avvicinarmi alla lavorazione dell'argilla e, in particolare, alla tecnica Raku, mi avvilivo spesso e non poco quando un pezzo si rompeva durante la produzione. Solo poi, e con il tempo, ho compreso che qualche pezzo rotto nel Raku è quasi una regola; ma all'inizio della mia esperienza, se l'evento si verificava, lo vivevo con grande dispiacere.
Durante una delle mie visite al laboratorio-bottega di Ottavio, gli rivelai la mia passione per la lavorazione dell'argilla e, avendo un mio lavoro estratto rotto dal forno per il Raku, gli chiesi consiglio. Mi ricordo quel giorno molto bene, perché mentre estraevo dallo zaino i tre pezzi che in origine componevano un piatto in argilla Raku, Ottavio non mi chiese nulla, avendo subito intuito la mia necessità. Dischiuse un armadio che era semi nascosto nel laboratorio e estrasse una scatola in legno nera che, per come la gestì, mi fece intuire la preziosità del contenuto. Mi mostrò dei tubi metallici, simili a quelli usati per contenere i colori ad olio per le belle arti, ma con iscrizioni giapponesi: così conobbi la lacca Urushi e scoprii, di conseguenza, l'arte del restauro con la tecnica del Kintsugi 金継ぎ o Kintsukuroi 金繕い

Di mio, sono sempre stato un soggetto sbrigativo, del tipo: tutto subito e ora, non mollo finché non risolvo e senza troppo aspettare. Ma l’arte del Kintsugi mi ha frenato: Ottavio mi insegnò l’attesa, la lentezza nel procedere, il passo dopo passo che forgia la capacità di lasciar correre il tempo senza rimorso, di svuotare la testa per dimenticare le preoccupazioni del momento e di concedersi solo alla ricerca della perfezione nell’atto del lavoro che si trasforma in arte Kintsugi. Anche se devo precisare che Ottavio non mi parlò mai della filosofia legata al Kintsugi; per lui, era solo una tecnica diversa per restaurare le ceramiche rotte di un certo tipo. Solo più tardi compresi lo spirito e l'essenzialità di dedicare il tempo all’arte, come terapia per riscoprire l'equilibrio e l'interezza dell'individuo, e, più avanti nel tempo, scoprii anche la filosofia del Wabi-Sabi 侘寂. 

Negli anni, il mio percorso con il Kintsugi ha fatto tappe più o meno obbligate: nello sperimentare e nell’utilizzare attrezzi, collanti e prodotti moderni. Ma ad oggi considero senza eccezione che le antiche regole del Kintsugi e la qualità del risultato sono fortemente legate tra di loro. Anche quando passo quest’arte ad alcuni amici, non scendo a compromessi: utilizzo e faccio sperimentare la lacca Urushi fin dall’inizio e uso solo vero oro a 18 o 24 carati. Mi piace trasmettere il senso della scoperta durante l’attesa, raccontando gli errori che ho commesso negli anni mentre sperimentavo e scoprire questa particolarissima arte.

Cerco di trasmettere la conoscenza dei prodotti usati e come studio per meglio procedere alla riparazione dell'oggetto: iniziando con il sondare il patos che si genera, ripasso mentalmente i principi del Wabi Sabi e cerco di applicarli già durante la preparazione degli strumenti nella postazione di lavoro. Questo include la sola pulizia degli oggetti, l’incollaggio dei pezzi o le loro stuccature con le apposite mescolanze della lacca Urushi, fino alla comprensione del vero valore aggiunto che solo la lunga procedura del Kintsugi sa rivelare.

Non dimentichiamo che stiamo restaurando un oggetto con una concezione molto distante dalle tecniche moderne e il fine non è solo produrre un restauro, ma generare una nuova opera d’arte a cui dobbiamo dedicare la giusta empatia per l’elemento che stiamo riparando. Comprendendo il danno che ha mutato l’oggetto, si approda alla nuova rigenerazione dell’oggetto stesso, così avremo due oggetti: il primo nuovo ma ora diverso perché rotto, il secondo ricomposto e rinato a nuova bellezza per l’esaltazione delle sue “cicatrici”, ma che contiene ed è sempre inevitabilmente il primo che fu..

Con il tempo e appresa la pazienza, viene da sé il confronto nel pensiero e nella filosofia che c’è dentro l’arte del Kintsugi, un utile mezzo per comprendere ed affrontare gli eventi che l’essere vive.
E quando ci si “rompe”, e qui intendo nel senso di fracassarci nel fisico o nella mente, dobbiamo poi ricomporre i “nostri pezzi” ed inevitabilmente si è coscienti della nostra fragilità e dei nostri limiti. L’arte del Kintsugi insegna che tutte le cose o le situazioni, come hanno un’origine/un inizio, hanno inevitabilmente una destinazione/una fine, dunque, vivere il momento della riparazione come transito di rinascita è apprezzare nella “rottura” la particolare bellezza che si genera nella consapevolezza della serenità raggiunta quando realizzata la riparazione. Dunque: le nostre cicatrici (che siano dell’animo o del fisico), saranno la nostra bellezza.
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Usare artifici all'antica tecnica o surrogati della lacca Urushi per creare nell'arte del Kintsugi si deve comprendere che è solo un’illusione…

 

 

金継ぎ

Kintsugi (pronuncia: kintzughi)
きんつぎ
 

 


金繕い

Kintsukuroi (pronuncia: kinzukuroi)   
きんつくろい; きんづくろい

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