L’Arte come mezzo di: Empatia, Inclusione e Cura Attraverso il Supporto Reciproco.

"Il pasto del cieco" di Pablo Picasso (periodo blu)La vita, per chi vive una disabilità fisica, è un mosaico di sfide che si estendono oltre il corpo, arrivando alla psiche e all’anima; potrei sostenere che il cambiamento dettato dalla disabilità è un qualcosa di necessario, ma non voglio distogliermi o contrappormi troppo dal cambiamento che una persona subisce durante l’evolversi della propria vita anche se la disabilità non è intervenuta…
Dunque, tornando alla disabilità fisica, che è inevitabilmente un terreno fertile per la scoperta di una verità profonda che è in noi, qui dobbiamo considerare e riscoprire alcune strade che ci portano a questa scoperta: come l’Arte, l’Empatia e l’Aiuto reciproco che non sono solo strumenti per sopravvivere, bensì se sapientemente liberate “sono ali”; sono la chiave per trasformare una realtà che spesso ci vorrebbe ai margini in una danza di significato, bellezza e connessione.
Come artista, e come persona con disabilità fisica, ho imparato che ogni limite è una soglia, talune volte la passo talune volte no. Ma la soglia non è un qualcosa che ci definisce, ma una possibilità di ridefinire noi stessi e il mondo che ci circonda. Vorrei condividere con voi delle riflessioni che riassumono anche se solo sommariamente, il potere del sostegno reciproco, il valore dell’arte e la necessità di una coscienza empatica rinnovata.

Aiutare gli altri per aiutare se stessi.
Esiste un’energia quasi magica nell’atto di tendere la mano agli altri. Quando aiutiamo qualcuno, non alleviamo solo le loro difficoltà: scopriamo parti di noi stessi che non sapevamo di avere. È come se il gesto di supporto spalancasse porte interiori, mostrando che la “cura” è un linguaggio universale, capace di guarire in entrambe le direzioni.
Ma come comprenderlo e metterlo in pratica?
Per chi vive una disabilità, offrire supporto agli altri ha un potere straordinario: ci fa vedere il nostro "limite" sotto una luce diversa, sicuramente diventa meno un peso e più una fonte di forza se perseverata, finanche di rinascita. Questo non significa negare il dolore o fare finta che non esista, ovvio c’è ed è squisitamente personale. (E non credo che il “non portatore di disabilità” sia immune a una qualsivoglia forma di dolore interiore, ma questo è un’altro discorso…)
Dunque, il dolore esiste e c’è la possibilità di abbracciarlo e trasformarlo. Con il “portare una disabilità” non siamo diventati soggetti passivi di un racconto altrui; siamo partecipanti attivi di un tessuto umano in cui la cura reciproca è il filo più prezioso.
Leggendo in rete su portali di ricerca scientifica ho appreso che è consolidato che “gli atti di altruismo” ci fanno rilasciare ormoni come ossitocina e dopamina: il primo noto come "ormone dell'amore" perché svolge un ruolo chiave nei legami emotivi, nella fiducia, nell'affetto e nell'empatia, il secondo invece, è un neurotrasmettitore che agisce come il "messaggero della ricompensa" regola il piacere, la motivazione e l’umore e tanto altro. Dunque non è solo teoria aiutare gli altri, può diventare una pratica che trasforma mente e corpo, portandoci oltre la percezione del limite e avvicinandoci a un benessere sia personale che collettivo.

Condividere il dolore non è mai "mezza gioia".
Soprattutto quando quel dolore è cronico perché la sola consapevolezza che altri soffrono come noi non attenua il nostro carico ma può persino accentuarlo, facendoci sentire ancora più soli, prigionieri di un’ingiustizia che sembra non avere via d’uscita. Ma la connessione autentica tra persone “o solo tra anime” è tutta un’altra storia. Quello che ci deve dare conforto non è sapere che altri soffrono e dunque possiamo parlarne con loro credendo di essere compresi più facilmente, ma sapere che altri ci vedono con un livello superiore d’intendimento e così ascoltano e ci comprendono. Questo livello che noi disabili implicitamente acquisiamo è una attitudine che tutti possono affinare se corroborata, ad esempio: dall’Arte a prescindere il ramo dell’arte in cui ci si vuol esprimere, dunque ecco una possibilità di differenza tra l’isolamento e la comunità. Tra il sentirsi invisibili e il sentirsi accolti e inclusi.
La vera gioia, quella che nasce dal dolore condiviso, arriva quando troviamo chi non solo riconosce la nostra sofferenza, ma la abbraccia, aiutandoci a trasformarla in qualcosa di nuovo, alla fine parlo di alcuni rami dell’Amore che l’Arte come linguaggio universale sa far fiorire.

L’Arte come veicolo di inclusione sociale.
Se, come già detto, l’arte è un linguaggio che va oltre le parole e parla di noi, per noi, attraverso noi, io come artista, posso sostenere che creare è un atto di esistenza, un modo per affermare al mondo: "Io sono qui. Ho una voce. E merito di essere ascoltato". Anche se personalmente non piace dare descrizioni ai miei lavori, o spiegarli perché ciò non mi interessa, ma implicitamente sono comunque cosciente che un messaggio lo sto dando. Vabbè, questa poterebbe essere incoerenza di cercare di fare “Arte”, ma cosa è in fin dei conti più incoerente dell’Arte stessa, la quale sua natura è intrinseca nell’incoerenza perché nasce dall’espressione soggettiva dell’essere umano, che è per sua essenza complesso e mutevole. E non meno, l’Arte non è vincolata da regole rigide o logiche lineari; si nutre di contraddizioni, emozioni, e intuizioni spesso in conflitto tra loro, ma se l'esperssione finale è di rappresentare la realtà in tutta la sua frammentaria bellezza e di stimolare interpretazioni infinite, lasciando spazio alla libertà e alla creatività: quanto uno spirito sofferente può essere più aperto a questa forma di espressione?
Per una persona con disabilità, l’arte può essere molto più che un mezzo di espressione, può diventare uno strumento di riconoscimento sociale, quel ponte che supera la barrierea che la disabilità impone, collegando mondi apparentemente divenuti distanti anche per gli inevitabili pregiudizi che la disabilità talune volte marca.

Empatia: una coscienza da ritrovare.
Viviamo in un mondo veloce, rumoroso, frammentato, dobbiamo essere sempre vincenti fin da adolescenti, così l’empatia sembra un lusso dimenticato, un’arte di comprensione antica di cui abbiamo perso il manuale. Ma non è mai stata così necessaria come oggi!
Se l’empatia non è solo una reazione emotiva ma è un atto di consapevolezza nei riguardi dell’altro (del “diverso”) ergo significa ascoltare con attenzione, mettersi nei panni degli altri e, soprattutto, agire di conseguenza ecco che l’Arte si può riproporre come linguaggio.
Quante volte abbiamo visto un bel lavoro d’Arte che ci soggioga nell’animo e ci si meraviglia di come l’autore possa averlo realizzato: ecco il collante che ci tiene insieme. Per chi vive una disabilità, l’empatia può essere la linea sottile tra vivere con dignità ed essere riconosciuti nella nostra (in parte ) nuova identità o essere lasciati ai margini. Ma se l’empatia non è un dono che possiamo solo ricevere è una qualità che dobbiamo anche coltivare e offrire, e quando abbracciamo la nostra vulnerabilità e quella degli altri, scopriamo una verità profonda: siamo tutti fragili, tutti umani, tutti disabili.

Se aiutare gli altri, utilizzare l’arte come strumento di inclusione e riscoprire l’empatia, questi sono i pilastri di una vita che non si ferma di fronte ai limiti fisici, ma trova il modo di adattarsi e di abbracciare la complessità dell’esperienza umana. L’adattabilità non è solo un atto di sopravvivenza apatica e non partecipativa, anzi deve diventare una forma d’arte che nell’Arte vive. È la nostra capacità di trasformare le difficoltà in nuove vie anche se sempre l’opportunità di superarle non ci viene data o la creiamo, il dolore diventa nell’Arte un’espressione, la vulnerabilità in connessione.
Dunque, chi fa Arte è stimolato in un movimento continuo con cui plasmiamo il nostro mondo interiore per rispondere a quello che ci circonda, senza perdere la nostra essenza.
E alla fine, ciò che davvero conta non è quanto riusciamo a fare o conquistare, ma quanto riusciamo a toccare il cuore degli altri. Perché è in quel tocco, in quella connessione autentica, che scopriamo il significato più profondo della nostra esistenza.

 Tutti dovremmo cimentarci con l'arte perché l'arte cammina tra la gente senza ferire.

Camminare da soliL'arte è il linguaggio universale che vive nel silenzio o perlomeno quando si esprime non lo fa mai urlando anche quando cerca la sfida. L’atto di creare attraversa la materia e dialoga con le anime. In fatti la vera arte non alza mai la voce e non calpesta il cammino di nessuno; piuttosto, si fa sentiero per chiunque voglia esplorare mondi nascosti, idee inespresse, emozioni profonde. Nell’arte risiede una verità: grande è colui che cammina senza calpestare gli altri.
Ogni pennellata, ogni verso, ogni colpo di scalpello è un atto di equilibrio tra creazione e rispetto. L’artista non deve imporre; offre. Il suo gesto è un invito, non una dichiarazione. Attraverso le sue mani, l’arte diventa ponte tra individualità diverse, uno spazio dove le barriere cadono e le differenze si armonizzano in un linguaggio fatto di bellezza, non di prevaricazione.
Quando ci cimentiamo con l'arte, scopriamo la delicatezza del creare senza distruggere. In un mondo spesso dominato dalla competizione e dall'indifferenza, l'arte ci insegna che la grandezza sta nel toccare senza ferire e anche laddove trasmette sofferenza, deve essere una sofferenza di redenzione che ci fa scoprire altre nostre dimensioni, l’arte deve essere ammodo nel lasciare un segno e mai senza strappare via.
Dedicarsi all'arte significa esplorare ciò che ci rende umani, celebrare la fragilità come forza, e per chi si cimenta nella dimensione dell’arte di creare e trasmette la comprensione con l’impronta leggera, ma mai invisibile. Nell’arte, come nella vita, il cammino è grande solo se lascia spazio per gli altri.

 

L'Arte come Strumento di Evoluzione e Auto-Perdono 

Nell'atto creativo che si tratti di pittura, scultura, composizione musicale, scrittura o quant'altro ci stimola a creare arte, si cela un potere che va ben oltre l'estetica e il piacere sensoriale. L’arte, in tutte le sue forme, è il linguaggio primordiale con cui l’uomo parla a se stesso e al mondo, una voce silenziosa che attraversa i secoli per ricordarci chi siamo e chi potremmo essere. Ma cosa accade se, invece di osservare l'arte come un risultato finale, iniziamo a vederla come un processo, uno strumento capace di plasmare non solo il nostro presente, ma anche la nostra evoluzione interiore? Premetto, in questa mia riflessione do per scontato che tutti abbiamo, coscientemente o no, qualcosa da farci perdonare a noi stessi, siamo esseri imperfetti, dunque...

Il Bello Salverà il Mondo, ma Chi Salverà il Bello?

Nell'era del consumo globale, della sovrabbondanza e della rapidità con cui si consuma ogni forma di cultura, si fa sempre più urgente una domanda provocatoria e, forse, scomoda: Chi salverà il Bello?
Abbiamo sentito dire, fin dai tempi di Nietzsche, che “il Bello salverà il mondo”. Un'affermazione che ha attraversato secoli e discipline, dall'arte alla filosofia, dal pensiero estetico all'attivismo sociale. Il "Bello" qui non è solo un concetto estetico, ma una forza, una speranza, un'idea di equilibrio che risponde al caos delle nostre vite che per come siamo messi, vanno sempre più a peggiorare.
Ma cosa accade quando il Bello, ridotto a merce, perde la sua potenza salvifica e si trasforma in una simulazione vuota, priva di significato e valore? Chi, o cosa, può salvarlo?

L'Arte come Rifugio dell'Anima: Una Fuga dalla Logica verso l'Essenza
Nel cuore della modernità, dove l'assalto delle informazioni e il rumore incessante ci assediano, esiste un luogo senza pareti, un santuario di silenzio e caos creativo: l'arte.
Non parlo dell'arte come mestiere o disciplina, non del tratto preciso né della tecnica affinata. Parlo dell'arte come istinto, come respiro primordiale che sgorga senza filtri, una forma di rifugio dove l'essere umano può incontrare il sé più autentico.
NFT di Bep'sL'Arte Patafisica: Il Rifiuto della Razionalità. La 'patafisica ci insegna a guardare il mondo attraverso una lente deformante, un gioco ironico e liberatorio che sovverte le leggi dell'ordinario. Allo stesso modo, l'arte diventa un atto patafisico quando ci permettiamo di ignorare le regole, di affidarci al puro istinto. Non serve padroneggiare il pennello o conoscere i dogmi dell'accademia; l'unica padronanza richiesta è quella del lasciarsi andare. È nel non sapere dove si sta andando che risiede la vera scoperta.

L'importanza dell'Arte nella Vita

L'arte è un linguaggio universale che supera confini geografici, barriere linguistiche e differenze culturali. È uno strumento potente per esprimere emozioni, raccontare storie e dare forma a ciò che è spesso ineffabile. Ma perché l'arte è così importante nella nostra vita?
Innanzitutto, l'arte arricchisce la nostra quotidianità. Un quadro, una melodia, una danza o una poesia possono evocare sentimenti profondi, offrirci conforto o stimolare la nostra immaginazione. Queste esperienze non solo migliorano il nostro umore, ma ci aiutano a riflettere su noi stessi e sul mondo che ci circonda.

Mi è stato chiesto perchè uso in preferenza gli smalti.

Studio d'arteL'uso degli smalti nelle mie opere è una scelta consapevole, che nasce dalla volontà di non fare compromessi con la materia. Gli smalti, per me, sono un linguaggio puro, che non ammette sfumature o mezze misure. Ogni pennellata che applico o getto che eseguo sulla tela è una dichiarazione netta, un'affermazione di presenza e di intensità. Non c'è spazio per l'indecisione; lo smalto non permette di tornare indietro, ogni gesto diventa definitivo. In questo senso, è l'ideale per i lavori che richiedono una tensione interiore, che voglio trasmettere senza mediazioni.

Dal libricino "Confusione" pubblicazione di Pulcinoelefante

La solitudine, per me, è una condizione intrinseca dell’esistenza umana, uno spazio interiore che può spaventare, ma che, se accolto, diventa un alleato prezioso. Non è l'assenza di persone a farmi sentire solo, ma la qualità delle relazioni che ho intorno. Spesso ripenso a Nietzsche e a quel passaggio di Zarathustra che dice: "La mia solitudine non dipende dalla presenza o assenza di persone; al contrario, io odio chi ruba la mia solitudine, senza, in cambio, offrirmi una vera compagnia." È così: le connessioni superficiali, in un mondo che ne è colmo, non fanno altro che distrarmi dalla mia essenza. Il silenzio, invece, mi aiuta a riscoprirla.

Riparare, Non Eliminare: Un Inno al Valore delle Cose.

Viviamo in un’epoca in cui il consumismo domina le nostre scelte e ci spinge a sostituire ciò che si rompe con qualcosa di nuovo. Questo ciclo incessante non solo impoverisce il nostro legame con gli oggetti, ma contribuisce a uno spreco insostenibile che minaccia il nostro equilibrio con la natura.
Un oggetto non è solo materia, ma anche memoria. Quel vaso scheggiato, quella sedia con una gamba traballante, non sono semplicemente oggetti rotti: sono testimoni del nostro tempo, frammenti di vita che abbiamo vissuto. Ripararli non significa solo dare loro una nuova funzione, ma rispettare il valore che hanno avuto nel nostro percorso. Eliminandoli, eliminiamo una parte di noi stessi.

 Kintsugi: l'arte di riparare con lo spirito del tempo

Accostarsi al kintsugi significa abbracciare molto più di una tecnica: è un viaggio nella filosofia dell'imperfezione e del recupero. Tuttavia, chi si avvicina a questa pratica oggi deve comprendere che ciò che viene proposto nel nostro tempo è spesso una reinterpretazione moderna.
Nel Medioevo giapponese, il kintsugi non era solo estetica o decorazione. Era una risposta autentica alla necessità di ridare vita a un oggetto amato, infondendogli una nuova anima attraverso la cura della riparazione. Oggi, talvolta, questa pratica rischia di essere confinata a un esercizio di stile, ma il suo cuore pulsa altrove: nello spirito con cui si recupera l’oggetto.

Caro amico aspirante 'patafisico

Ti confido una mia riflessione su cosa significhi essere 'patafisico oggi. La 'patafisica, quella che Alfred Jarry definì come "la scienza delle soluzioni immaginarie", per me si trova proprio al crocevia tra il gioco intellettuale, la provocazione e una visione ironica e surreale della realtà. Essere 'patafisico oggi significa adottare un atteggiamento che sfida il rigido razionalismo e la seriosità delle istituzioni, dando invece spazio alla creatività, al paradosso e all’immaginazione.

Il Kurinuki
Il kurinuki non è solo una tecnica di lavorazione della ceramica, ma incarna una profonda filosofia che si intreccia con la concezione giapponese dell'estetica e della vita. Scolpire un oggetto da un unico blocco di argilla, rimuovendo il superfluo per rivelare la forma intrinseca nascosta al suo interno, è un atto che riflette la ricerca dell'essenza, del semplice e del naturale.
In termini filosofici, il Kurinuki può essere visto come una meditazione sulla transitorietà e sull'imperfezione, concetti centrali nella filosofia giapponese del *wabi-sabi*.

Cosa è il Kintsugi:

KintsugiIl kintsugi è un antico metodo giapponese di riparazione della ceramica rotta. La parola "kintsugi" significa letteralmente "riparare con l'oro" o "riparare con l'argento". Questa pratica artistica e filosofica consiste nel riparare i cocci di un oggetto di ceramica frantumato con una miscela di resina e polvere d'oro o argento, creando così una nuova forma di bellezza.
L'idea alla base del kintsugi è quella di celebrare le cicatrici e le imperfezioni dell'oggetto invece di nasconderle. Questo processo mette in evidenza il concetto giapponese di "wabi-sabi", che abbraccia l'idea che la bellezza può essere trovata nella naturalezza e nell'imperfezione delle cose.

L'Essenza dell'Arte Raku

L'arte del Raku rappresenta una forma unica di ceramica, originaria del Giappone, che si è diffusa con grande successo in tutto il mondo. Questa tecnica si distingue per il suo processo di cottura particolare, che conferisce ad ogni pezzo un aspetto inimitabile e profondamente espressivo. Gli artisti Raku, attraverso la loro maestria, riescono a trasformare semplici pezzi di argilla in vere e proprie opere d'arte, ricche di texture, colori e sfumature che catturano lo sguardo e il cuore di chi le osserva.

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